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Cos'è la Sovranità alimentare?

16/11/22
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PAC

 

La sovranità alimentare è un concetto complesso nato, a partire dalla metà degli anni 90, dal confronto aperto fra rappresentanti delle popolazioni contadine provenienti dai 4 angoli del mondo: uno dei primi capisaldi del processo di riconoscimento della globalità del tema è stata la denuncia “dell’appropriazione indebita di risorse naturali e agrobiodiversità da parte del sistema occidentale sempre più interessato a diffondere il proprio modello di tutela della proprietà intellettuale (brevetti e simili)”.

Si contesta quindi il modello agroalimentare industrializzato e delocalizzato, produttore di monocolture ed allo stesso tempo di monoculture: è l’orientamento alle produzioni intensive, ad alto input tecnologico che si regge sull’esportazione e sulla centralizzazione industriale delle filiere di trasformazione e distribuzione, in mano ormai a poche grandi aziende multinazionali, ad essere individuato come responsabile dell’impoverimento socioeconomico, soprattutto delle popolazioni del sud del mondo, ma anche del drastico depauperamento delle risorse ambientali.

La sovranità alimentare viene quindi individuata come via per la riforma dei sistemi alimentari, sia del Sud come del Nord del mondo, allo scopo di favorire sistemi di produzione più rispettosi dell’ambiente e dell’economia reale dei territori: è l’agricoltura familiare, di piccola scala basata su sistemi di produzione tradizionalmente attenti al rispetto delle risorse e ancestralmente votati all’economia circolare che viene individuata come sistema da sostenere attraverso le politiche istituzionali. Su questo percorso si formano le alleanze fra il movimento contadino e i movimenti sociali e ambientali che si riconoscono nel comune interesse nella direzione di un drastico ed urgente cambiamento di rotta delle politiche economiche e produttive verso  orizzonti di equità ambientale e sociale basati su scelte agroecologiche.

 

 

Ne è trascorsa di acqua sotto i ponti, così tanta da finire per esaurirsi: quando finalmente le politiche comunitarie europee di sostegno all’agricoltura hanno dato segno, seppur con tanti compromessi, di voler mettere in pratica i saggi suggerimenti dei movimenti ambientalisti, delle reti sociali e dei piccoli agricoltori, sempre più alleati fra loro, uno dei governi che ha finito per fare opposizione alle misure più innovative è stato proprio quello italiano. La conduzione del tavolo di confronto con i rappresentanti della società civile sul Piano Strategico Nazionale è stata per lo più di facciata, senza una reale volontà di ascolto e integrazione delle proposte che ne derivavano. Il mancato ascolto si è ripetuto anche nei confronti dei richiami della Commissione Europea ad un maggiore rispetto delle indicazioni delle strategie Farm to Fork e Biodiversity 2030.

A fine estate sono giunte improvvise le elezioni per il rinnovo del Parlamento e poco dopo il nuovo esecutivo, fra le prime iniziative, annuncia il cambio di nome del ministero che viene ribattezzato “Ministero dell’agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste”.

Sono bastati pochi giorni per disilluderci: non si è trattata dell’improvvisa illuminazione del prender atto dell’urgenza ormai irrevocabile del prendersi cura dei territori marginali (nel nostro paese il 70% dell’intera superficie), della rigenerazione delle comunità locali, della salvaguardia delle principali risorse vitali quali l’acqua e l’atmosfera, senza dimenticare il misconosciuto suolo o le specie non umane. Non si è trattata dell’improvvisa meritoria conversione alla diffusione di pratiche agroecologiche.

Si tratta piuttosto dell’ennesima appropriazione da parte del sistema di termini e concetti per stravolgerli a proprio uso e consumo. Il sovranismo mascherato da sovranità per una pretesa difesa di valori quali i marchi, i brevetti e la concorrenza, atto a rinsaldare l’alleanza fra sistema di governo e lobbies agricole che, aprendo la strada alla miope e conservatrice politica sovranista, hanno dimostrato negli anni una sostanziale incapacità di comprensione della gravità di quanto sta accadendo al clima e al futuro negato delle giovani generazioni.

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